L’impegno di Ugo Pirro
La voce di Ugo Pirro (Salerno, 1920 – Roma, 2008), scrittore e sceneggiatore e di impegno civile e politico, è stata per oltre mezzo secolo una delle più schiette del cinema italiano. Due film scritti da lui ottennero l’Oscar per il miglior film straniero, Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto (Elio Petri, 1969) e Il giardino dei Finzi-Contini (Vittorio De Sica, 1970). Della collaborazione con Petri sono da ricordare anche A ciascuno il suo (1967), La classe operaia va in paradiso, La proprietà non è più un furto. E molti altri registi hanno potuto giovarsi della collaborazione di Pirro, primo fra tutti Carlo Lizzani, da Achtung! Banditi! (1951) a Celluloide (1996). Quest’ultimo è anche il titolo del libro autobiografico, in cui Pirro offre preziosi spunti per una storia autentica del cinema italiano. E oltre a tanti film impegnati, vanno ricordate alcune sceneggiature “leggere”, come Cerasella, Piazza di Spagna, Una domenica d’estate.
Jovanka e gli americani
«Per Jovanka e le altre (Martin Ritt, 1960) intervenne il Ministero dello Spettacolo e impose che il protagonista anziché italiano fosse tedesco. […] Per chiarire il mio pensiero e avvertire gli sceneggiatori americani della gravità del sopruso che si stava commettendo, chiesi di vederli in albergo, lontano cioè dalla produzione. Erano Michael Wilson e Paul Jarrico. […] Badate – dissi -, state facendo un grosso sbaglio. Il soldato del mio romanzo è italiano, non tedesco. Questo cambia il significato e le intenzioni del libro, qui non si riesce a dire niente sull’esercito italiano. Non rendetevi responsabili anche voi di questo silenzio. Fu come parlare a dei sordi. Inoltre non avevano proprio la più pallida idea di cosa fosse stata la lotta partigiana. A un certo momento, mentre già giravano, De Laurentiis mi mandò a chiamare e io riscrissi delle scene intere, fra l’altro riscrissi più volte il finale. Naturalmente la sceneggiatura del film non porta la mia firma».
Difficile leggere una sceneggiatura
«Sia Petri che io abbiamo fatto i nostri film migliori coi produttori “cialtroni”, cioè con quei produttori che non essendo totalmente inseriti nel sistema produttivo, erano costretti a rischiare di più. (…) A ciascuno il suo (1967) fu il frutto di un incontro con il produttore Zaccariello, che veniva da un film disastroso e che, prima ancora, si era solo occupato di piastrelle, un incontro che permise a Elio di prendere gli attori che riteneva più giusti per i ruoli: allora Volonté non era l’attore di chiamata, le produzioni storcevano la bocca quando sentivano il suo nome. Fu per questo pagato pochissimo, credo sette milioni. Ferzetti poi non lo voleva più nessuno (…). Prima delle riprese mandammo la sceneggiatura a Sciascia. Ci rispose che il film non aveva nulla di siciliano: avremmo potuto benissimo girarlo in Puglia! Quando poi vide il film finito il suo giudizio si modificò. Questo per dire che per chi non ha molta pratica di cinema e una costante esperienza cinematografica della fabbricazione, è difficile leggere una sceneggiatura e immaginare la resa».
– Da L’avventurosa storia del cinema italiano (A cura di Franca Faldini e Goffredo Fofi, Feltrinelli, 1979-81)
18 Gennaio 2008