1975 Stockhausen, Herbstmusik
A Firenze, una sera di maggio, Il Maggio Fiorentino. E’ in programma la prima italiana del lavoro di Karlheinz Stockhausen, Herbstmusik (Musica d’autunno). Assistiamo a una sequenza di azioni teatrali senza parole. Una giovane clarinettista, un violinista, lo stesso Stockhausen e un altro compositore inchiodano il tetto di una casupola, poi riducono a tanti pezzi una raccolta di rami secchi, poi ancora attaccano la battitura del grano utilizzando fasci di frumento predisposti per l’occasione; infine fanno la doccia rigirandosi in terra fra le foglie d’autunno. Mentre cade la “pioggia” (artificiale), la ragazza e il violinista suonano finalmente alcune note in duetto.
Che senso date a tutto questo? L’autore ha definito l'”evento” una specie di “commedia dell’arte” dei nostri giorni e, tutto sommato, crediamo proprio che il suo lavoro sia da interpretare più che altro come un’indicazione di metodo. Valori estetici a parte, Stockhausen vuol darci la chiave per affinare il nostro orecchio e cogliere una musica anche nelle cose di tutti i giorni, imparando a costruire con esse simboli e favole sconosciute. Le radici di tale “rivoluzione” stanno nell’esaurimento storico della dodecafonia.
Dopo Webern, ultimo esponente della scuola schoenberghiana, i compositori hanno cercato di andare più in là del rifiuto della gerarchia classica consonanza-dissonanza, hanno rifiutato gli stessi strumenti musicali. Con la musica elettronica, ad esempio, si costruiscono i suoni prima ancora di costruire la composizione. Tutti i suoni sono buoni, tranne quelli che l’orecchio non può udire. Esteso in tal modo il mondo dei suoni, la musicalità diventa qualcosa di molto concreto e di molto vago a un tempo. Concreto fino all’uso di rumori prodotti con le tecniche più svariate; e vago perché strumento musicale può diventare il mondo intero.
Franco Pecori, Che senso dare a questa musica? in Giorni, 23 luglio 1975
23 Luglio 1975