Trasferibile Vasco
Modena Park, 1 luglio 2017
La critica spicciola che si muoveva a Vasco Rossi quando il cantautore di Zocca voleva Una vita spericolata (Sanremo 1983, ultimo in classifica) appartiene alla storia degli analfabetismi, di vario grado e di diversa diffusione, che affliggono la cultura contemporanea. Ora la tecnologia, amplificando le distanze – stadi e parchi sempre più grandi -, permette di avvicinare le contiguità sonore e restituire orizzonti progressivamente allargati alla percezione audio/video dei presenti. Non più il “pubblico” o gli “ascoltatori”, ma i partecipanti al rito (intanto entra in campo a piedi pari la componente virtuale e si appresta a modificare radicalmente il sistema interattivo). Non staremo a rievocare l’evento/concerto al Modena Park (1 luglio 2017), con 220 mila presenze, consonanti e consenzienti alla celebrazione. Raccontare ancora la “serata” significherebbe ri-omologarla – dopo le innumerevoli omologazioni pre-figurative dei giorni precedenti – in funzione sistemica, per un rinnovato consumo tra-dizionale. E nemmeno vogliamo vestirci da socio-masmediologi orecchianti per dare un tono teorico all’osservazione minuta. Riferiamo soltanto la forma responsoria alla quale abbiamo assistito.
Vasco verso la Folla: Ve lo dico?
Folla: Sì, diccelo
Vasco: Ve lo dico come già lo sapete
Folla: Sì, diccelo tale e quale, noi lo ripetiamo insieme a te
Vasco: Va bene, va bene… siamo liberi
Folla: Va bene, va bene… siamo liberi.
Lasciamo stare altri contenuti di altre canzoni, dove si racconta la quotidianità sofferta e la progressiva “consapevolezza” della sofferenza. La Folla sa già tutto, non ha bisogno di noi. Invece, ci pare utile, per l’ordine del discorso (discorso), notare la qualità del facile: nella musica, dove il Pop diviene Pop-Sublime come nulla fosse, e nella parola/gesto, ossia nei testi delle canzoni e nel modo di porgerli, di con-segnarli alla Folla. I singoli contenuti chiunque può andarseli a ripassare, ma notiamo la loro facile deco-ri-contestualizzabilità, la loro quasi-immediata trasferibilità oggettuale da Vasco alla Folla. Se provassimo a tradurre tale fluidità formale alla società, a tutta la “gente” con la quale viviamo da una trentina di anni (Sanremo ’83) – andare più indietro significherebbe impelagarci nella Storia, incontrando personaggi anche importanti e dimenticati -, ci impressionerebbe l’indebita facilità del trasferimento, poco più che l’ovvietà di un’intelligenza, anche di un’intelligenza politica. Si vede che dovremmo almeno riandare a cose risapute, tipo Woodstock (agosto 1969). Ripartendo da lì, trasferibilità impervia.
Franco Pecori
2 Luglio 2017