L’Acquario di Costanzo
(ANSA) – Roma, 24 febb 2023 – È morto a Roma Maurizio Costanzo, giornalista, conduttore tv, autore, sceneggiatore. Aveva 84 anni.
Ciao Maurizio.
Il 5 dicembre 1978 scrissi sul Paese Sera il pezzo che si può leggere sotto. Interpretavo il senso creativo della trasmissione tv Aquario, inventata e condotta dal “Re del salotto”. Altro che salotto: una regia che inventava la struttura narrativa di una commedia in divenire, presente ed esemplare. Al centro, i pesci nell’acquario, muti. Costanzo mi cercò al telefono, in redazione, mi invitò a casa, a parlare di Televisione. Furono mozzarelline e una fetta di prosciutto crudo. E fu l’essenza dell’intervista: mai una lista di domande preparate prima, da porre al personaggio indipendentemente dalle risposte.
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Giorni intensi, di ricordi e di omaggi al genio scomparso. Personaggi con lui e per merito suo, aperture pratiche e ideali. Ora, sul metodo di Costanzo: sull’invenzione della televisione che giustamente gli è stata attribuita. In poche parole, il fare mentre si fa, il metodo scoperto, svelato come sostanza e forma del contenuto. Quando Costanzo scelse il Parioli, platea, palcoscenico, sipario, la commedia era già nata nel senso del metodo. Pirandello non scrisse mentre andava in scena. Costanzo presentò i personaggi nel loro formarsi e procedere, nella rappresentazione. Non la “vita”, non un genere. Tv aperta, si può dire.
TV – Acquario di Maurizio Costanzo
Ripresa e montaggio si mostrano nel loro farsi
Paese Sera, 5 dicembre 1978
Il dibattito più o meno informale, la trasmissione dialogata, il confronto e l’intervento sono modi quotidiani di montare i programmi tv. Lo schermo casalingo propone ormai veri e propri spettacoli drammatici, in cui i protagonisti della chiacchiera (generalmente un ‘maestro di cerimonia’ e uno o pochi altri interlocutori) coprono ruoli fissi, entro limiti ben definiti di ritualità.
La rappresentazione della chiacchiera è ben intervallata nel ritmo di ricorrenti punteggiature: una dissolvenza in chiusura, una sovrimpressione di titoli, un siparietto pubblicitario segnano i limiti della convenzionalità del discorso e dunque della relatività/opinabilità delle opinioni in gioco. C’è tutta una serie di accorgimenti tecnici: L’ ‘obbiettività’ delle inquadrature (una volta il Tizio di ¾ profilo sinistro, una volta il Caio di ¾ profilo destro, una volta il totale col moderatore-che-vuol-dire-fiducia); la ‘generosità’ dei primi piani che indagano con piglio conoscitivo i nasi e gli orecchi dei protagonisti; l’ ‘umanità’ dei piccoli nervosismi (i tic, le sigarette, gli sguardi in macchina), che controbilanciano l’arida e cupa geometria delle scenografie, spinte generalmente sotto un vuoto plumbeo. Il segno complessivo è sempre lo stesso: l’astrattezza di un prodotto in scatola, il marchingegno di una ‘messa in scena’.
Maurizio Costanzo e la troupe di Acquario, salotto elettronico del lunedì sera, sono riusciti a trovare il modo di recuperare dall’interno la carica positiva che può esservi nella formula del dibattito o della conversazione-intervista; e hanno trasformato il programma in un’importante ‘occasione didattica sul modo di costruire’ una ripresa di quel tipo. Acquario non è solo la ‘chiacchiera dal vero’ di cavie ben allevate, il coinvolgimento nel ‘gioco dal vero’ di tutto il pubblico dei telespettatori. Quella certa impressione un po’ contraddittoria di attualità e normalità, estemporaneità e ritualità, sincerità e menzogna, documento e finzione, superficialità e profondità, abbandono e resistenza; quell’impressione ha una precisa origine tecnica ed è necessario far partecipe lo spettatore delle ragioni del successo. Se non altro per tranquillizzarlo. Così, Acquario esibisce la sua regia – ripresa, montaggio e tutta la messa in scena – proprio mentre si mette in opera. Lo spettatore viene invitato a considerare il procedimento tecnico come un’indicazione significativa e non come un neutro supporto strumentale per la trasmissione dei contenuti. Ecco la novità di questo ‘dibattito modificato’: un’intervista, una conversazione, una chiacchiera e – insieme – un discorso su come è fatta questa chiacchiera.
La telecamera non vuol coincidere con lo sguardo dello spettatore: Costanzo la chiama continuamente in causa – il famoso Forconi, che non appare perché sarebbe come mostrare l’obbiettivo, mistificare la ripresa, falsificare il ‘documento’ – per risvegliarci dall’ immedesimazione e anche per non sentirsi solo, sperduto nella macchina televisiva. In questo modo il conduttore ci fa compagnia e si tiene compagnia.
Ma non è solo questo. La differenza tra noi e la trasmissione, per così dire, ci è data da un altro elemento, al polo opposto della telecamera e sullo stesso asse: la porta, la quale lascia entrare, in due tempi diversi, il personaggio principale della conversazione accompagnato da Costanzo e, poi, altri interlocutori, chiamati dal conduttore nella sua ansia di compagnia.
Quella porta la chiameremmo la ‘porta dell’aldilà’: al di là dell’analogia, direbbe un famoso semiologo francese; diciamo oltre la scena visibile e che tendiamo a prendere per vera. Di là da quella porta, i personaggi ‘giocano’ a consumare l’attesa, attendono di entrare in gioco e poi ci rivelano, entrando, la loro dipendenza dal giocoliere Costanzo. È lui infatti che li chiama al momento giusto, montando i tempi dell’azione alla presenza dello spettatore. La porta è il segno del montaggio, il Forconi è il richiamo alla ripresa.
A questo punto, il rischio è che lo spettatore, messo a parte del segreto, scarichi la tensione: una volta saputo tutto, non vorrà vedere più niente. Ma c’è un’ultima risorsa, c’è l’elemento principe della novità: il simbolo in primo piano, il quale, come un magico filtro tra Forconi e i personaggi in poltrona, chiama su di sé la lucidità della tecnica e la consapevolezza della messa in scena. È l’acquario, appunto, parallelepipedo di vetro, dove alcuni pesci vivono ignari (o forse sanno tutto?), comunque muti, la mitologia della trasmissione. La trasparenza della scena elettronica è rimessa nel circolo della finzione, sottoposta alla verifica del rito. Da gran maestro di cerimonia, Costanzo nutre con cura i pesci e sembra dire a tutti noi: “Cosa volete da me? Prendetevela con loro!”. Libero ognuno di dare un senso a quelle bocche silenziose.
In Franco Pecori, Senso di bellezza, Iter Edizioni, Subiaco (Roma), 2020
26 Febbraio 2023