Totti, Lo stadio in lacrime
Piangi piangi, figlio mio
Tutto può accadere, tutto si può ricevere e si può anche digerire, come pare dimostri la situazione mass/web-mediologica, in cui il Papa dice spesso “io” non sono d’accordo e/oppure dà del “commerciante” all’imprenditore che licenzia i lavoratori. E’ l’era del “signora mia”, del “sicuramente sì”, del “detto questo” e del cazzeggio (‘Sti cazzi?) generalizzato. E’ anche l’era in cui “ogni funerale è bello a mamma sua” purché passi per la Tv. Tutto, tranne l’uso di “un po’ particolare” per dare qualsiasi giudizio su quasiasi cosa di generalmente o specialmente rilevante. Se 70 mila persone piangono all’addio di Totti nello stadio Olimpico (28 maggio 2017), l’errore più grave che si possa fare è dire che sia accaduto qualcosa di “particolare”. Lo stadio in lacrime era qualcosa di “generale”, era il trasferimento dalla parte al tutto di un fatto/fenomeno che indicava come una sofferenza che si credeva di settore fosse invece un dolore meno “particolare” di quel che, errando pesantemente, si fosse creduto. Filosofi e analisti di vario genere e livello si esercitino. Ci è sembrato che anche la sola puntualizzazione semantica fosse già non trascurabile. Attenzione a come parliamo, noi che diciamo spesso “identità”, “identitario” ecc., noi che veniamo dal latino e dal greco.
Franco Pecori
29 Maggio 2017