Mondo Medio, L’immaginazione di massa al potere
Pubblicità, produzione e consumo nel mondo occidentale
[Gian Paolo Ceserani, Mondo Medio, L’immaginazione di massa al potere, Mondadori 1979] Un libro corretto nella metodicità dell’indagine e privo di retorica accademica; frutto di una concreta esperienza nel campo della produzione-consumo (Marketing e pubblicità). Leggendo, sembra di vivere fra la gente, immersi “nel bel mezzo di un mistero sociale”. Ma per capire, bisogna non avere il naso in aria. La scrittura è facile in superficie, difficile nei passaffi logici. D’altra parte, come dice l’A., un conto è esprimere il proprio dissenso in un dibattito, un conto è produrre un “buco” di centinaia di milioni per non aver visto lo sviluppo di un movimento economico.
La logica della società dei consumi non è sempre lineare come sembra e questo si riflette a livello cominicativo. Si può parlare a 50 milioni di persone? Per poterlo fare, ci vorrebbe una società con un suo modello culturale omogeneao. Il pubblicitario sa che il suo invito al consumo deve essere ricolto, su mitivazioni precise, a un consumatore ogni volta differente, individuato secondo una frammentazione di modelli, che è l’imverso di ciò che il socio-filosofo intende per massificazione.
Un paio di jeans, in piega o sdruciti, danno un’importante differenza, soprattutto dal punto di vista del consumatore. Infatti, una camicia ci vogliono 12 minuti a confezionarla industrialmente, però la scegliamo come se fosse fatta proprio per noi. Così prendiamo sulle nostre spalle la contraddizione standard-unicum che è interna alla società di massa e che, in un certo senso, la rende schizofrenica. Il prodotto è standard (oggi non può non esserlo), ma la motivazione che spinge a comprarlo è individuale, “personalizzata”. Così, sugli oggetti d’uso vogliamo vedere la “firma” del produttore. E’ una preferenza che deriva da una specie di retaggio d’élite, quel principio di “esclusività” (d’origine commerciale, anglosassone) che viene “trovato” dall’uomo della nuova società emergente e utilizzato al di là della sua prima funzionalità, in un vuoto culturale derivante dall’inadeguatezza del vecchio modello piramidale.
La “Domenica del Corriere” di una volta dettava dall’alto un comportamento; oggi i lettori vi trovano una complessa interazione di modelli “vaganti nel corpo sociale”. Queso corpo è un Mondi Medio, nel quale l’uomo dei Molti cerca l’unicum senza sapere dove collocarlo, perché la scala di valori dell’uomo dei Pochi gli è rimasta come un reperto archeologico e non gli ha lasciato alcuna alternativa. Sicché lo scarto tra individuale e collettivo si esprime al solo livello reale, quello del consumo. Per il produttore, l’importante è l’acquiescenza: prendere la gente così com’è, senza preoccuparsi di modificarla. Questo lato, negativo per l’intellighenzia, è la prova concreta e quotidiana dell’attenzione che la società della produzione-consumo è capace di sviluppare nei confronti del mondo, rispetto alle scienze umane di stampo borghese.
Il Mondo Medio, infatti, è nato dal basso insieme alla cosiddetta rivoluzione industriale; e come nell’800 la borghesia sbigottì all’apparizione del “parvenu” col suo nuovo “tiro a quattro”, oggi ci si meraviglia che nelle periferie di una società in crisi economica parcheggino Mercedes e spuntino antenne di tv-color. E’ la legge del “benessere”: l’uomo del Mondo Medio non ha principi culturali da rispettare, né “decori” da mantenere; ecco perché l’Italia, proprio nel periodo ’74-’77, beve più champagne degli Stati Uniti e primeggia in Europa per l’importazione di frutti esotici. E’ una condizione che non elimina certo privilegi e differenze sociali, ma che proprio per questo ha un’urgente necessità di orientarsi, di trovare un senso, una cultura adeguata al livello di comunicazione rispetto al quale tutto il meccanismo si muove.
Con ciò Ceserani non vuol dire che si debba ridurre la società a mercato. Ma consiglia di uscire dall’intellettualismo di vedere la società di massa sempre come qualcosa in potenza. Altrimenti la comprensione della società sarà lasciata agli “uomini della produzione”. L’intellettuale deve mettersi in comunicazione con la gente e deve capire che “la cultura di massa non nasce arra”ngiando in qualche modo quella d’élite. Rifacendosi alla visione di Ortega y Gasset, l’A. la trasferisce dalla sfera “morale” al meccanismo economico, alla società della produzione-consumo, la quale deve cambiare proprio perché è ben lontana dall’essere realizzata.
Se veramente arrivassimo al consumo di massa, non potremmo realizzarlo, neanche rispetto a un solo consumo. E’ una specie di paradosso, al quale siamo giunti per l’incapacità politica di esprimere “un’attività previsionale globale” e, dal lato culturale, per la “pretesa di estendere ai Molti i privilegi dei Pochi, senza domandarci se per caso democrazia non significhi abolizione di privilegio, piuttosto che la sua ipotetica estensione alla collettività”. Ma che cosa significa cambiare la società di massa? Per Ceserani, significa domandare “una cultura adeguata, un’adeguata struttura comportamentale e un adeguato sistema produttivo”.
Franco Pecori, Champagne e frutti esotici per l’Uomo Medio, in Paese Sera, 20 maggio 1979
20 Maggio 1979